Incredibile a Locri: medico tenta di accoltellare infermiera dentro l’ospedale. Sospeso e denunciato

In questi giorni questo blogger si sta molto occupando (anche) di Sanità; e su questo ci aggiorneremo presto.

Tuttavia, emerge una vicenda allucinante su cui nImmagineon si può sicuramente glissare o rinviare un minimo approfondimento.

All’ospedale di Locri – cioè proprio là dove sarebbe germogliato l’omicidio di Franco Fortugno, primario del Pronto soccorso del nosocomio locrese e vicepresidente del Consiglio regionale che fu assassinato il 16 ottobre 2005 a Palazzo Nieddu del Rio, mentre si votava per le Primarie del centrosinistra – malgrado la buona volontà e i successivi tentativi di normalizzazione, continuano ad accadere cose pazzesche.

Solo l’altro giorno, l’ultima scena-choc della serie.

Ospedale di Locri, interno giorno. È un’ordinaria giornata di lavoro, o almeno così parrebbe, quando improvvisamente riemergono vecchie ruggini…

Forse uno scatto d’ira improvviso, forse una risposta “a tono” troppo aggressiva. Fatto sta che un medico (sì, signori: un medico) in forza all’ospedale territoriale locrese (che come si sa una volta faceva capo all’ex Asl 9 di Locri ma ormai, con l’accorpamento delle varie Aziende sanitarie locali, è di competenza dell’Asp 5 di Reggio Calabria) non gradisce come un’infermiera ha “osato” rivolgerglisi.

E non risponde verbalmente, no: estrae un coltello e urlando “Ti ammazzo!, ti scanno!” tenta di uccidere la povera malcapitata.

Ora… è doveroso chiarire che sono tanti i punti dell’informale ricostruzione che ci è stata operata, da mettere a fuoco meglio e da verificare.

Di sicuro, bisogna capire se l’elemento psicologico fosse quello che traspare da un racconto di questo tipo: il professionista voleva “solo” minacciare e spaventare, offeso forse da una reazione inattesa, o aveva realmente intenzione d’accoltellare l’infermiera? Voleva ferirla, o intendeva ucciderla?

Ha davvero pronunciato le gravissime parole che, a quanto pare, sono state udite da un bel po’ di persone nel corso della concitata azione, per fortuna comunque non andata a buon fine?

E chi ecorsiarano effettivamente i presenti? Nel caso, cos’hanno fatto per impedire che si passasse dallo scontro verbale (peraltro già esecrabile, considerato il luogo e che non si trattava di passanti ma di dipendenti di un’Azienda sanitaria provinciale che erano lì per lavorare, ma pur sempre possibile in determinate situazioni) a un alterco o peggio addirittura?

E certamente c’è la Domanda Delle Cento Pistole:  …ma un medico, all’interno dell’ospedale in cui presta servizio, che diavolo ci faceva armato di un coltello? Ed era effettivamente un coltello come noi comunemente lo intendiamo, o “soltanto” un attrezzo chirurgico disgraziatamente trasformato al momento in arma d’offesa?

Su tutti questi interrogativi, investigatori inquirenti e il Tempo ci daranno risposte.

Ma sulla vicenda ci sono due punti fermi:

1)    il fatto è realmente successo, con tanto di estrazione dell’arma bianca puntata dal medico verso l’infermiera;

2)    il medico è stato prontamente sospeso dal servizio, in attesa che sia chiarita la dinamica dei fatti e quanto accaduto dopo, visto che nei suoi confronti sarebbe già scattata inesorabile la denuncia dell’aggredita.

Ecco… già sul punto 2, secondo i soliti beneinformati, ci sarebbe parecchio da dire.

Per esempio, alcuni sottolineano che la sospensione dal servizio non sarebbe scattata “prontamente” come scrive questo blogger e come logica avrebbe voluto, ma solo dopo un’attenta e lunga “riflessione” da parte del management del presidio locrese…

Sì, perché in questo e in altri ospedali calabresi non è certo la prima volta, né sarà l’ultima, che chi dirige ha a che fare con elementi ritenuti dagli investigatori dal ragguardevole pedigree criminale: solo all’ospedale di Locri sarebbero 13 i medici, 29 fra infermieri e tecnici ospedalieri e 23 tra gli addetti alle pulizie coloro i quali hanno ntonipellesignificativi rapporti con la ‘ndrangheta (del resto giusto all’ospedale di Locri ‘Ntoni Pelle “la mamma”, ferocissimo ed eminente boss della ‘ndrina sanluchese, vedi foto a sinistra, era riuscito prima a farsi piantonare in loco per motivi di salute e poi a evadere senza particolari problemi).

Per non scomodare tutti gli scomodissimi riscontri della celebrata relazione sullo stato di cose all’ex Asl 9 jonica firmata, a suo tempo, dai prefetti Silvana Riccio e Achille Serra.

E anche altrove non mancano di certo medici che, a torto o a ragione, hanno dato parecchio lavoro ai giudici in questi anni (basti pensare a Giuseppe Pansera, genero del superboss di Africo Peppe Morabito detto “Il Tiradritto”, condannato in prima istanza a 7 anni di carcere per associazione mafiosa nel processo “ Onorata sanità” e poi assolto però in appello, professione: medico all’ospedale “Tiberio Evoli” di Melito Porto Salvo; o anche al primario di neuropsichiatria del Policlinico “Madonna della Consolazione” di Reggio Calabria, Gabriele Quattrone, tra i 6 arrestati con l’accusa di aver confezionato false perizie mediche a favore dei clan Pelle, Arena e Forastefano; lo stesso medico che, stando alle carte della Direzione distrettuale antimafia di Milano, non aveva disdegnato pranzetti aspromontani “a braccetto” coi dominus dei potentissimi clan Valle e Lampada, “famiglie” di ‘ndrangheta saldamente trapiantate in Lombardia).

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