“Lex” / 1 – La legge ritorna dalle parti di Laureana di Borrello

A distanza di un quarto di secolo dai morti lasciati sul campo dalla “faida di Laureana” tra gli Alban20161103_110957ese-Cutellè-Tassone e i Chindamo-Lamari-D’Agostino, a Laureana di Borrello – cinquemila abitanti nell’interno della Piana di Gioia Tauro – l’aria s’era nuovamente fatta irrespirabile, anche per il ritorno in libertà di alcuni tra i principali alfieri dei Chindamo-Ferrentino e dei Lamari, a tutt’oggi le ‘ndrine egemoni sul territorio di Loriàna, come viene chiamata in dialetto la cittadina.

Come certificano le oltre 2.200 pagine del provvedimento alla base dell’operazione Lex,

la situazione nella località tirrenica e in alcune limitrofe era comunque difficilissima, in alcuni casi di vera riduzione in schiavitù per i malcapitati di turno: così, dopo due anni di fittissime indagini, 49 persone iscritte al registro degli indagati di cui 41 destinatarie di fermo ad opera della Procura distrettuale di Reggio Calabria (per legge, da convalidarsi entro 48 ore dalla notifica ad opera del giudice per le indagini preliminari), misure cautelari tutte eseguite tranne una (l’unico irreperibile si trova in atto fuori dai confini nazionali).
Tra i fermati, anche l’assessore a Verde pubblico, Servizi idrici e numerose altri settori Vincenzo Lainà.

A rendere possibile tutto questo, due nuovi “pentiti”, i cui nomi per il momento sono mantenuti riservati dal procuratore distrettuale Federico Cafiero de Raho e dal suo “aggiunto” Gaetano Paci, che più strettamente hanno seguito gli sviluppi dell’indagine incardinata nel luglio del 2014 grazie alle rivelazioni di un imprenditore edile, uomo dei Ferrentino che – sperando forse d’essere arruolato dai Carabinieri come “confidente” – aveva rivelato d’essere prestanome rispetto ad alcune attività d’economia legale che nascondevano in realtà interessi della cosca.

L’aveva fatto con dichiarazioni su base fiduciaria perché, fiutando il ritorno dei potenti Lamari sul territorio, stava per “passare dall’altra parte” e voleva magari giocarsi un credito aggiuntivo derivante dal danneggiare il clan rivale, di cui aveva fatto parte fino ad allora; infatti rifiutò la proposta dei militari di diventare ufficialmente un collaboratore di giustizia e, anzi, fece il “salto della quaglia”.

Il suo nome figura tra quelli degli arrestati di oggi….

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