Il mancato “scippo” del tartufo di Pizzo. Una battaglia giornalistica costringe il colosso del gelato alle pubbliche scuse

Una nostra piccola ma significativa vittoria, all’insegna della tipicità….

Nei giorni scorsi, era accaduta una cosa alquanto bizzarra (e ingiusta). Un colosso della gelateria industriale italiana, l’Antica Gelateria del Corso, aveva lanciato la notizia – immediatamente ripresa da svariati mass media, in particolare su Internet – del trentennale del tartufo gelato, che sarebbe stato «inventato da un gelataio di Parma». Senonché, in Calabria tutti sanno (e lo sanno anche migliaia di turisti che annualmente vengono in visita nel Vibonese, e non solo) che il tartufo gelato è originario di Pizzo Calabro e non per niente – da molto più tempo di tre decenni  – si parla di “tartufo di Pizzo”.

Ma il “furto ideologico” rischiava di diventare una cosa seria. Anche perché già prima della campagna-stampa degli industriali del gelato, un giornale blasonato come La Stampa scriveva: «Se il cioccolatino tartufo è tipico delle feste natalizie, esiste invece una variante estiva, comune in molte gelaterie del Nord, che è il tartufo gelato. Esiste sia nella variante nera che in quella bianca. La capitale del tartufo gelato è però oggi curiosamente in Calabria, per l’esattezza a Pizzo Calabro. Qui infatti le gelaterie artigianali hanno reinventato il gelato, o meglio il “pezzo duro” nordico»… reinventando completamente sì, ma solo nell’articolo di Rocco Moliterni, la “reale” storia del tartufo gelato, come ad accreditarne la nascita al Nord e poi la “re-interpretazione” nel cuore della meridionale Calabria, quando le cose sono andate esattamente all’opposto.

Lo sdegno è stato immediato: Enzo Monaco (presidente dell’Accademia del peperoncino) e Guido Stecchi (omologo dell’Accademia delle 5T) hanno scritto una lettera al presidente della Regione Calabria Peppe Scopelliti e al “suo” assessore alle Politiche agricole Michele Trematerra, protestando vibratamente per lo “scippo” storico-gastronomico. Tra gli elementi-chiave della lamentela, la storia del gelato artigianale (non industriale!) creato nel ’52 da un pasticciere napitino, Giuseppe “don Pippo” De Maria e il “dettaglio” che da tempo il tartufo di Pizzo è Igp (cioè un prodotto a Indicazione geografica protetta, proprio per la sua tipicità legata a questo angolo del Vibonese).

Sulle colonne virtuali de ilVostro.it anche il giovane e dinamico sindaco di Pizzo Calabro, Gianluca Callipo, intervistato da questo blogger, ha protestato: «Rivendico fortemente per la nostra Pizzo la paternità del tartufo gelato: bisognerebbe informarsi molto bene, prima di effettuare operazioni commerciali di segno diverso», aggiungendo che pure le guide turistiche tedesche menzionano il celebre “tartufo di Pizzo”».

Adesso, la vittoria è completa.

La stessa Antica Gelateria del Corso è stata costretta a un rapido, totale dietrofront: il suo intento, si legge in una nota stampa di rettifica diramata dall’impresa, era solo «celebrare la realizzazione che l’azienda ha fatto del tartufo gelato su larga scala e a produzione nazionale», aggiungendo che il colosso del gelato industriale «si scusa per eventuali fraintendimenti».

Una vittoria indiscutibile del “made-in-Calabria” che, al contempo, è anche un piccolo successo di una campagna giornalistica andata “dritta al punto” per ristabilire la verità dei fatti.

0 pensieri riguardo “Il mancato “scippo” del tartufo di Pizzo. Una battaglia giornalistica costringe il colosso del gelato alle pubbliche scuse

  • 8 Luglio 2012 in 0:16
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    Ben detto e ben fatto da Pizzo per ristabilire la verità storica sul “Tartufo di Pizzo”, che oramai è conclamato a livello internazionale come tipico prodotto gelato artigianale della nostra città, cui la professionalità dei gelatieri nostrani ha dato vita dal lontano periodo degli anni’50 del secolo scorso.

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    • 8 Luglio 2012 in 0:20
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      …grazie mille per il contributo!, certo è davvero curioso come sia venuto in mente di celebrare il presunto trentennale di un’altrettanto presunta invenzione parmense …giusto a Parma, dove ha sede l’Authority internazionale per la sicurezza alimentare (e dove insomma la possibilità di verificare ‘alla fonte’ veridicità, cronologia e consumi dei vari prodotti tipici non dovrebbe certo mancare…).

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