(Il)libertà d’informazione. Dal “caso Bindi” al Vati-crac

Cari amici, in quebbste ore questo blogger è stato particolarmente impegnato (come tante volte nel passato anche meno recente) a tentare di difendere la libertà d’informazione.
Episodio di turno: il “caso Bindi” (nella foto, l’ex ministro della Sanità col segretario nazionale del Pd Pierluigi Bersani).

Detto in altre parole, e tralasciando il singolo giornalista o la singola testata interessati: può un ex ministro della Repubblica e vicepresidente uscente della Camera dei deputati, sulla scena pubblica da 30 anni, presidente nazionale del partito (il Pd) che presumibilmente avrà l’onere di formare il nuovo Governo, fare la figura che più o meno potrebbe fare un consigliere di circoscrizione (con tutto il rispetto) e non rispondere alle domande di un cronista, cioè eludere i legittimi dubbi dell’opinione pubblica circa l’uno o l’altro aspetto del proprio comportamento? A nostro modesto avviso, senz’altro no (non foss’altro che per via del finanziamento pubblico dei partiti e delle istituzioni, dunque l’esistenza di un doppio flusso di denaro pubblico che ha interessato direttamente Rosy Bindi e molti altri politici italiani da 30 anni a questa parte. Con quali esiti? Ognuno liberamente si sarà formato una propria idea).

Visto però che a più riprese me n’ero occupato pure sui social network, non me ne sarei nuovamente occupato; se non fosse che qualcuno, nelle stesse ore, ha pensato di gettare benzina sul fuoco della libertà d’informazione, anzi: dell’illibertà d’informazione che, talora, sembra vigere rigorosamente nel nostro Paese.

…Accade infatti che per l’ennesima volta si verifichi uno sconcio che s’è ripetuto una masnada di volte, da Bologna (dove l’allora sindaco Giorgio Guazzaloca

guazzalocacacciò una testata evidentemente scomoda, Il Domani di Bologna, dalla rassegna stampa fornita a consiglieri e assessori e persino dalle testate accreditate) alla “mia” Reggio Calabria (dove il Consiglio comunale un annetto fa ebbe l’adamantina idea di dare mandato con specifico pronunciamento d’assemblea all’allora sindaco Demy Arena di adire le vie legali contro chiunque “infangasse” il buon nome dell’Ente ovvero della città, salvo poi essere sciolto per mafia).

Ma stavolta, la cosa ha davvero del clamoroso.

santitàInfatti a scagliarsi con immane violenza contro la libertà di stampa è direttamente il Vaticano; e per di più – in modo francamente puerile, a fronte dell’immensa responsabilità mondiale che questa circostanza implica – proprio nei giorni del Conclave. La Santa Sede, evidentemente non riconoscendosi nei suoi scritti e comunque ritenendoli poco graditi…, ha infatti deciso di negare l’accredito stampa a Gianluigi Nuzzi, collega che grazie a fonti estremamente beneinformate era riuscito come pochissimi altri a porre in atto un’opera di controinformazione rispetto a quanto stava accadendo durante il papato di Benedetto XVI e che poi avrebbe prodotto tra l’altro i cosiddetti VatiLeaks e il processo al (poi graziato) maggiordomo del Pontefice, Paolo Gabriele. Basterà citare due volumi particolarmente poco graditi alle gerarchie vaticane, Vaticano Spa e il più recente Sua Santità. Le carte segrete di Benedetto XVI, per capire di cosa stiamo parlando.

..preconclave.Torna quindi a razzo il tema di fondo: può un’autorità pubblica (nel caso della Città del Vaticano, è bene ricordare l’assoluta peculiarità della situazione: un’autorità temporale e religiosa al tempo stesso, ovvero una Chiesa rappresentativa di una religione abbracciata da centinaia di milioni di persone in tutto il mondo e però anche uno Stato autonomo, Città del Vaticano appunto, con tanto d’istituto di credito di riferimento, lo Ior; e contemporaneamente una Chiesa e uno Stato che, dalle 20 del 28 febbraio scorso non hanno più un’autorità reggente, in attesa dell’elezione del nuovo Papa…) calpestare i tre diritti fondamentali in tema di libertà d’informazione, e cioè diritto a informare, diritto a informarsi e diritto a essere informati, sol perché si trova davanti un giornalista o una testata “non graditi”?

A nostro avviso la risposta, come in tanti altri casi analoghi in questi anni, è invariabilmente una: no, non può.

Speriamo, ovviamente, che l’assurda censura contro il collega Nuzzi rientri già ad horas. E attendiamo di sentire cosa la nostra illuminata classe dirigente avrà da dire in merito; speriamo, qualcosa di logico e intelligente.
Certo però, se queste sono le premesse per l’elezione del nuovo Pontefice, il solco della distanza tra clero e società pare essere destinato ad approfondirsi in modo preoccupante.

0 pensieri riguardo “(Il)libertà d’informazione. Dal “caso Bindi” al Vati-crac

  • 11 Marzo 2013 in 18:48
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    Caro Mario, ho visto in tv la miserevole scena della Bindi che si sottrae alla domanda di un giornalista e ne sono rimasto indignato tanto da farmi pentire di non aver votato anche io il MV 5 stelle. Sono però contento che il movimento di Grillo sia diventato il primo partito non grazie ai suoi meriti ma grazie ai demeriti di gente come la Bindi. Non mi meraviglio del suo comportamento,quando è venuta a Locri, avevo chiesto,con largo anticipo, di poter intervenire pubblicamente ad una manifestazione che si teneva in un hotel cittadino. mi è stato risposto che non erano previsti interventi da parte del pubblico e che avrei potuto avere un incontro privato.Naturalmente ho rifiutato. Come vedi, questa è la considerazione che chi ci rappresenta ha di noi Buon lavoro Mario ed un abbraccio.

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  • 11 Marzo 2013 in 22:14
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    Mario comprendo al 100% le tue argomentazioni. Diciamo che, da sùbito, la qualità della relazione tra il movimento e la stampa, così come pure rispetto alla cittadinanza dei non-attivisti, è parsa complicata. Oggi – se possibile – ancor di più, Mario carissimo. Non credo però sia una questione di “considerazione” ma di complottofobìa, che però a mio modesto avviso un movimento o un partito politico non può permettersi. Il tempo ci dirà se sarà il movimento a evolvere o se saranno i suoi elettori a rimpiangere i partiti della Prima e Seconda Repubblica.

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