Confindustria / b – Infiltrazioni mafiose, Cuzzocrea: “Troppi gli Enti sciolti in Calabria. Ma se arrivano i commissari, nei centri ‘difficili’ restino almeno 5 anni”

Nel corso dell’appuntamento confindustriale di oggi a Reggio Calabria, già le prime – incisive – battute della sua relazione Andrea Cuzzocrea – ex pr20140714_170701esidente degli edili reggini dell’Ance e da un anno a questa parte presidente di Confindustria Reggio, che proprio nel 2014 celebra i suoi 70 anni di vita – le ha riservate al cosiddetto “decreto Taurianova”, insomma la controversa normativa che disciplina gli scioglimenti degli Enti locali per infiltrazioni mafiose.

Sarà appena il caso di ricordare che, dal ’91, uno solo è il caso di Comuni capoluogo di provincia sciolti per mafia: Reggio Calabria (9 ottobre 2012). Un abbinamento, quello tra infiltrazioni mafiose “sanzionate” dallo Stato e realtà territoriale reggina, che Cuzzocrea ha rilanciato in modo assolutamente diretto e polemico, ma anche assai documentato.

Se per il leader degli imprenditori reggini stabilire opportunità dello scioglimento o responsabilità che hanno condotto all’adozione della grave misura da parte del Governo «non è nostro compito», bisogna prendere atto che «lo strumento dell’amministrazione straordinaria è inefficace»; da un lato, «crea. come unico risultato, un clima di disaffezione e sfiducia dei cittadini nei confronti della cosa pubblica», dall’altro «alla paralisi della macchina amministrativa non corrisponde un effettivo risanamento degli Enti».

Ma è la statistica l’oggetto contundente impugnato da Andrea Cuzzocrea per fare male davvero. 

Anche posto che fra le quattro organizzazioni più diffuse della criminalità organizzata (Cosa Nostra, ‘ndrangheta, camorra e Sacra Corona Unita) sia la ‘ndrangheta la più radicata e temibile, ragiona il portabandiera delle aziende reggine, rimane «singolare che, su 50 Comuni attualmente commissariati in Italia, ben 12 si trovino nella provincia di Reggio Calabria, e dieci di questi siano stati sciolti per infiltrazioni mafiose».

Mentre dal varo appunto del decreto legge n. 164 del 31 maggio 1991, «le Amministrazioni del Reggino colpite sono state 45». 

I numeri sembrerebbero avallare la tesi della criminalizzazione di un intero territorio “in quanto tale”. L’antidoto proposto dai vertici confindustriali reggini vorrebbe che «finalmente la politica torni a esercitare il suo ruolo» ma, intanto, quanto all’auspicata revisione del “decreto Taurianova”, occorrerebbe «portare al Sud dirigenti e funzionari professionali e formati, capaci d’incidere sulle prassi consolidate d’apparati burocratici sclerotizzati, e motivarli a lavorare nei Comuni più difficili almeno 5 anni».

Quest’ultimo punto parrebbe preludere al mantenimento pluriennale, nei centri a maggiore complessità di “funzionamento”, delle Commissioni straordinarie. In realtà, chiarisce poi Cuzzocrea che la sua idea riguarda «task-force burocratico-amministrative» in grado di risollevare gli Enti eventualmente colpiti dallo scioglimento per mafia (“per contiguità mafiose”, nel caso di Palazzo San Giorgio), da coadiuvarsi anche attraverso «innesti esterni di professionalità qualificate» ma «non concerne un extended-time d’insediamento delle Commissioni straordinarie». E certo si tratta di puntualizzazioni fondanti; che però al contempo non sfuggono all’Obiezione delle Obiezioni: l’armonizzazione e il raccordo con organi di governance democraticamente eletti.  

Anche senza particolari task-force, se ne accorgerà molto bene già il prossimo sindaco. Quando mancheranno “solo” otto anni al completamento del Piano decennale di riequilibrio formulato dalla commissione Panico (poi Chiusolo) e “salvato per i capelli” dalle Sezioni riunite della Corte dei conti, dopo un’impietosa bocciatura in prima istanza: salve improbabilissime rinegoziazioni, in qualsiasi momento le previsioni del Piano pluriennale formulato dalla Commissione straordinaria fossero disattese dall’organo politico (e/o da organi burocratici dell’Ente), sarebbe automaticamente dissesto finanziario. Una pillola un po’ amara da mandar giù.

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